In una prospettiva di integrazione del sistema di cura tra servizi ospedalieri e territoriali e di una migliore sinergia tra gli attori in gioco, il concetto di coinvolgimento attivo (engagement) della persona con malattia cronica nella gestione del suo percorso sanitario appare essenziale e propone un “cambio di paradigma” in sanità. Protagonismo della persona che anche il Piano nazionale della cronicità indica come via maestra per l’innovazione sanitaria.

Ma quale valore clinico e pratico del patient engagement? Secondo un recente studio condotto dal neonato centro di ricerca EngageMinds Hub dell’Università Cattolica su un campione di 1.389 pazienti cronici italiani, i pazienti poco coinvolti nel processo di cura rischiano 10 volte di più di incorrere in ricadute e/o aggravamenti rispetto a pazienti con alto Engagement. Inoltre, i pazienti con bassi livelli di engagement riportano in 9 casi su 10 sintomi ansioso-depressivi.

Ma a risentire dell’effetto negativo della mancanza di engagement è anche il portafoglio dei pazienti: la spesa sanitaria mensile out-of-pocket – cioè direttamente dalle tasche dei pazienti – raddoppia quando la persona non si sente coinvolta e protagonista del proprio percorso socio-sanitario.

Nonostante le promettenti evidenze scientifiche sul valore dell’engagement per il benessere della persona e l’efficienza del sistema, più della metà dei pazienti cronici italiani dichiara di non sentirsi adeguatamente sostenuto e legittimato a giocare un ruolo pro-attivo nel proprio percorso socio-sanitario.

Un principio facile a dirsi ma complesso nella sua realizzazione anche perché ad oggi mancano linee guida condivise circa le metodologie e strumenti per la promozione dell’engagement del paziente cronico

L’Università Cattolica in collaborazione con la Direzione generale Welfare di Regione Lombardia e sotto la supervisione metodologica dell’Istituto superiore di sanità ha promosso per la prima volta a livello internazionale una conferenza di consenso per il patient engagement, tenutasi a Milano il 12-13 giugno.

Come fare dunque per promuovere il Patient Engagement?.

In sintesi, ecco le raccomandazioni emerse dal progetto (si rimanda al documento esteso di Consenso per precisazioni e approfondimenti):

1.L’engagement è un concetto ombrello, sovraordinato e inclusivo rispetto ad altri termini d’uso nel linguaggio sanitario, come patient empowerment, patient activation, health literacy, shared decision making o aderenza del paziente.

2.L’engagement non è solo un “fatto” della persona con patologia cronica: esso implica una visione sistemica e multi-stakeholders/multi-attore del percorso sanitario della persona con patologia cronica;

3.L’engagement è un processo complesso e soggettivo – che non può ridursi ad uno stato on-off.

4.La valutazione dell’engagement costituisce la conditio sine qua non per la sua promozione

5.Per promuovere l’engagement della persona con malattia cronica e della sua famiglia è innanzitutto necessario sensibilizzare e formare i professionisti sanitari e il team di cura a partire dai curricula universitari.

6.La famiglia e la rete informale della persona con patologia cronica costituiscono l’ossatura del sistema di promozione dell’engagement

7.Le associazioni di persone con patologie croniche, famigliari e volontari giocano un ruolo cruciale nella promozione dell’engagement

8.La realizzazione dell’engagement in sanità è funzione di una sensibilizzazione sociale sul suo valore

9.Le nuove tecnologie costituiscono un fattore abilitante fondamentale dell’engagement della persona con malattia cronica ma non sostituiscono la relazione terapeutico-assistenziale

10.È necessaria una certificazione e regolamentazione delle tecnologie per la promozione dell’engagement

Articolo tratto da Il Sole 24 ore Sanità.

http://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/lavoro-e-professione/2017-06-16/verso-paziente-30-patient-engagement-come-chiave-un-reale-protagonismo-persona-sanita–161538.php?uuid=AE7RGwfB